Nell’articolo di oggi andremo a vedere la ragione scientifica per cui alcuni oggetti si rompano (ed altri no) in caso di impatto. Buona lettura!
Resilienza
Quanto descritto in introduzione si riduce ad un unico termine: Resilienza! Formalmente, essa consiste nella capacità di un materiale di assorbire energia derivante da urti fino alla rottura.
Di conseguenza, la prima motivazione per la quale alcuni oggetti si rompano ed altri meno dipende dalla misura della propria resilienza. Essi sono valori caratteristici dei singoli materiali (esattamente come limite di rottura, snervamento ecc) e come tali vengono ricavati in laboratorio attraverso opportuni test (che andremo ad approfondire nelle prossime righe)
Da cosa dipende la resilienza di un materiale?
Di base, la resilienza di un materiale dipende principalmente dalla sua struttura reticolare interna, ovvero dai tipi di legami che vi sono tra le varie molecole del componente. Maggiore è la forza tra queste ultime, maggiore sarà l’energia necessaria a rompere i legami stessi.
Come strutture reticolari, possiamo riconoscere nei materiali delle disposizioni elementari delle molecole, ovvero dei pattern che si vanno a ripetere uguali nello spazio: a seconda della disposizione intrapresa, il materiale potrà manifestare comportamento fragile, se la struttura non permetterà deformazione plastica, oppure duttile, se in caso d’impatto la struttura permetterà ad esempio la deformazione del materiale attraverso piani di scorrimento.
Per certi versi, la resilienza del materiale dipende anche dalla temperatura. Esiste in particolare un valore di temperatura (o comunque un range della stessa) al quale avviene un brusco cambiamento del comportamento del materiale (al di sotto della soglia, il materiale avrà comportamento fragile, al di sopra comportamento duttile). Tale valore/area è detta zona di transizione.
Si pensi che proprio la transizione tra materiale duttile e fragile fu la causa di affondamento del Titanic. Gli ingegneri dell’epoca, ignari dell’esistenza di questo fenomeno, scelsero per lo scafo un materiale che in laboratorio superò i test di resilienza senza alcun problema. I test ovviamente vennero fatti a temperatura ambiente: avendo il materiale una temperatura di transizione attorno ai 30°C, il problema determinante risultò essere la temperatura del mare, che il giorno dell’impatto era a -2°C. Questo determinò una rottura fragile all’impatto con l’iceberg. Se non fosse stato per questo, non sarebbe accaduto nulla: il Titanic era infatti progettato per resistere ad un urto del genere.
Come si misura la resilienza di un materiale?
La resilienza di un materiale viene misurata con il pendolo di Charpy. Questo dispositivo è appunto un pendolo, con un battente sagomato e di massa nota, che va ad impattare su un apposito provino, rompendolo. La differenza tra l’altezza di partenza e quella raggiunta dopo l’impatto darà un risultato in termini di energia spesa per rompere il provino: tale valore risulterà essere la misura di tenacità del materiale stesso.
Conclusioni
L’articolo di oggi aveva lo scopo di esprimere per quale motivo alcuni materiali manifestino delle rotture di tipo fragile ed altri invece riescano a resistere in maniera migliore agli urti. Spero che l’articolo sia stato di vostro gradimento: fatemelo sapere nei commenti
Noi ci risentiamo nel prossimo articolo
Un saluto
Luca